Morbo di Parkinson
IL MORBO DI PARKINSON COS’È?
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “Disordini del Movimento” e tra queste è la più frequente. I principali sintomi della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la lentezza dei movimenti (bradicinesia) e in una fase più avanzata l’instabilità posturale (perdita di equilibrio). Questi sintomi si presentano in modo asimmetrico, pertanto un lato del corpo è più interessato dell’altro. In molte persone viene compromesso il pensiero, oppure si sviluppa demenza.
In Italia, si stima che a circa 1 – 2 persone su 1.000 venga diagnosticata il Parkinson. Questa cifra è destinata a crescere nei prossimi vent’anni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La malattia di solito si sviluppa dopo i 50 anni, colpisce leggermente più uomini che donne e progredisce lentamente.
Allo stato attuale, non esiste ancora un trattamento risolutivo per il Morbo di Parkinson. Tuttavia, esistono cure sintomatiche che includono diversi opzioni di terapia, migliorando cosi la qualità di vita delle persone affette.
CAUSE DEL MORBO DI PARKINSON
Ad oggi, le cause per cui una persona si ammala di Parkinson sono conosciute solo parzialmente. La ricerca suggerisce che vi siano molteplici fattori coinvolti al suo sviluppo. In presenza dei sintomi del Parkinson i medici distinguono tra quattro forme di malattia:
1. Sindrome di Parkinson idiopatica (IPS): le cellule nervose in un’area del cervello, denominata sostanza nera (substantia nigra), muoiono. Questo porta a una ridotta produzione di Dopamina. Questo neurotrasmettitore, insieme ad altre sostanze messaggere, è di vitale importanza per la coordinazione e il controllo dei movimenti corporei. La carenza di Dopamina altera il delicato equilibrio delle sostanze messaggere, creando cosi un circolo vizioso di disfunzione neuronale, atrofia e, infine, morte cellulare. Questa forma, definita dai medici come “Parkinson idiopatico” (“idiopatico” significa che non è possibile trovare alcuna causa tangibile per la malattia), costituisce circa il 75% di tutte le sindromi del Parkinson.
2. Forme genetiche della sindrome di Parkinson: In casi molto rari, il Parkinson viene parzialmente ereditato. La ricerca ha dimostrato che le forme ereditarie della malattia del Parkinson rappresentano solo il 5-10% di tutte le sindromi. Le indicazioni di una forma ereditaria della malattia sono un esordio molto precoce (prima del 50 esimo o addirittura prima del 40 esimo anno di vita) e un accumulo dei casi di Parkinson in famiglia. Queste forme cosiddette “monogenetiche” sono causate dal cambiamento (mutazione) in un gene specifico. Queste mutazioni possono essere trasmesse ai figli. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta del “Parkinson idiopatico” sopra descritto.
3. Sindrome atipica del Parkinson: La sindrome atipica del Parkinson si manifesta nel contesto di varie malattie neurodegenerative. Sono malattie in cui le cellule nervose del cervello muoiono progressivamente. Contrariamente alla sindrome idiopatica del Parkinson, questa morte cellulare colpisce non solo la “substantia nigra”, ma anche altre regioni del cervello. Questo è il motivo per cui la sindrome di Parkinson atipica manifesta altri sintomi oltre a quelli simili al Parkinson.
Le malattie neurodegenerative che possono scatenare la sindrome di Parkinson atipica sono:
- la demenza da “Corpi di Lewy”
- Atrofia multisistemica (MSA)
- Paralisi sopranucleare progressiva (PSP)
- Degenerazione corticobasale
Queste malattie hanno una prognosi significativamente peggiore della “vera” sindrome di Parkinson (idiopatica).
4. Sindromi sintomatiche o secondarie di Parkinson: Contrariamente al Parkinson idiopatico, la sindrome sintomatica o secondaria ha cause chiaramente identificabili. Questi includono:
- Farmaci: inibitori della Dopamina (antagonisti della Dopamina) come neurolettici (usati per trattare la psicosi) o metoclopramide (usati per trattare la nausea e il vomito), litio (usato per trattare la depressione), acido valproico (usato per trattare le convulsioni), bloccanti dei canali del calcio (usati per trattare la pressione alta)
- Altre malattie: come tumori cerebrali, infiammazione del cervello (ad esempio a causa dell’AIDS), ghiandole paratiroidee non attive (ipoparatiroidismo) o malattia di Wilson (malattia da accumulo di rame)
- Avvelenamento, ad esempio con manganese o monossido di carbonio
- Lesioni cerebrali
SINTOMATOLOGIA
I segni di una malattia cerebrale progressiva possono già apparire anni prima dei sintomi principali. I primi sintomi del Morbo di Parkinson sono:
- Disturbo comportamentale in sonno REM (RBD): normalmente una persona mentre dorme è “come paralizzata”. Con il disturbo comportamentale in sonno REM, i movimenti sognati vengono parzialmente eseguiti (parlare, ridere, gesticolare, ecc.). Questo può risultare pericoloso per la persona interessata e il partner.
- Riduzione o perdita della capacità di sentire gli odori (iposmia o anosmia)
- Disturbi muscolari e articolari (disestesia), spesso intorno alla spalla e al braccio
- Le braccia oscillano meno quando si cammina
- Alzarsi, lavarsi, vestirsi, mangiare, ecc. richiede più tempo di prima
- Stitichezza
- Disturbi visivi (ad esempio la visione a colori)
- La calligrafia sembra molto tesa e diventa sempre più piccola, specialmente alla fine di una riga o di una pagina
- Depressione
- Stanchezza eccessiva
- Sensazione di rigidità e insicurezza
- Tremore
- Ritiro dalle attività sociali
Molti di questi primi sintomi sono non specifici. Quindi possono anche avere molte altre cause (come l’età avanzata). Pertanto, spesso non vengono riconosciuti come primi segni del Parkinson.
I sintomi del Morbo di Parkinson di solito si sviluppano gradualmente. Iniziano solitamente da un solo lato del corpo e mentre la malattia progredisce diventano sempre più pronunciati. Parenti e amici li notano spesso prima del paziente stesso.
I sintomi tipici del Parkinson sono
- Movimenti rallentati (Bradicinesia):
Tutti i movimenti del corpo avvengono in modo innaturale. Ciò determina la tipica andatura lenta, impacciata e a piccoli passi. Alzarsi, camminare e girarsi diventa difficile. A volte le persone colpite vengono improvvisamente bloccate nei loro movimenti e sembrano come “congelarsi”.
Un primo segno della malattia potrebbe essere la riduzione dell’oscillazione pendolare degli arti superiori durante il cammino. La postura è spesso piegata in avanti, la camminata diventa a piccoli passi e girarsi richiede molti passaggi intermedi. I sintomi della malattia di Parkinson influenzano anche i gesti e le espressioni facciali: il viso appare sempre più come una maschera rigida. Le persone colpite di solito parlano in modo sommesso e monotono, rendendo cosi più difficile la comprensione. L’ingestione spesso causa problemi, ad esempio quando si beve e si mangia. Un altro sintomo del Parkinson sono le capacità motorie compromesse: ad esempio, le persone colpite hanno difficoltà a scrivere qualcosa, abbottonarsi il cappotto o lavarsi i denti.
Se i movimenti del corpo sono particolarmente rallentati o il paziente è parzialmente completamente immobile i medici parlano di “acinesia“.
- Rigidità muscolare:
Questo sintomo descrive una rigidità dei muscoli, causata da un aumento del tono muscolare. I muscoli sono permanentemente tesi, anche durante il riposo. Per le persone colpite questa condizione è molto dolorosa. Può manifestarsi agli arti, al collo ed al tronco. Spesso all’esordio la rigidità è unilaterale, da un solo lato del corpo.
La rigidità muscolare può essere dimostrata attraverso il cosiddetto “fenomeno della ruota dentata o troclea“. Durante la mobilizzazione passiva delle articolazioni (ad esempio avambraccio) il medico percepisce una aumentata resistenza. Sembra quasi che ci sia un’ingranaggio nell’articolazione che consente il movimento solo fino alla tacca successiva. Questo fenomeno viene solitamente testato a livello del gomito o del polso ed è un tipico sintomo del Morbo di Parkinson, ma può apparire anche in altre malattie.
- Tremore a riposo
Nel Parkinson, il tremore può essere un sintomo d’esordio della malattia. Mani, braccia e gambe iniziano a tremare in situazioni di riposo. Un lato del corpo è solitamente più colpito dell’altro. Inoltre, il braccio di solito trema più della gamba. Durante il sonno il tremore non è visibile. In alcuni malati questo tremore dura per anni senza aggiungere ulteriori sintomi tipici.
Il tremore del Parkinson che si verifica in genere a riposo, consente di distinguere il Parkinson da altre malattie con tremori. Ad esempio, se la mano non trema a riposo, ma inizia tremare appena si desidera eseguire un movimento specifico, i Medici parlano del cosiddetto “tremore intenzionale”. La sua causa è il danno o il disturbo cerebellare.
Attenzione: la maggior parte delle persone che tremano non hanno né il morbo di Parkinson né altri disturbi neurologici riconoscibili. La causa di questo “tremore essenziale” non è nota.
- L’instabilità posturale
Ognuno di noi, quando cammina, corregge inconsciamente la propria postura attraverso dei riflessi di mantenimento e posizionamento. Di solito consentono al corpo di mantenere l’equilibrio. L’instabilità posturale descrive un disturbo di questi riflessi di mantenimento e posizionamento.
Nella malattia di Parkinson, questi riflessi in genere sono disturbati. Le persone interessate hanno difficoltà a mantenersi in posizione eretta. Questo si chiama “instabilità posturale“. E’ la ragione per cui i malati di Parkinson non possono più “assorbire” facilmente movimenti improvvisi e imprevisti, ad esempio a causa di un colpo improvviso o quando inciampano. Pertanto, la camminata diventa nel complesso insicura e i pazienti tendono a cadere facilmente.
I sintomi tipici del Parkinson sono talvolta accompagnati da altri sintomi:
- In molti pazienti il senso dell’olfatto peggiora
- Disturbo comportamentale in sonno REM (RBD)
- I pazienti hanno maggiore probabilità di sviluppare depressione rispetto alle persone sane e alle persone con altre condizioni croniche. A volte la depressione si sviluppa solo nel corso del morbo di Parkinson.
- La capacità intellettuale può diminuire e causare demenza
- Grave lentezza del pensiero
- Nel corso della malattia le ghiandole sebacee sul viso producono un eccesso di sebo. Sembra che il paziente abbia applicato uno spesso strato di unguento o crema per il viso.
- Disturbi della funzione vescicale: molti pazienti non possono più controllare correttamente la vescica. Può accadere che l’urina sfugga involontariamente (incontinenza) e che il paziente si bagna di notte (enuresi notturna). E’ anche possibile il contrario: alcuni pazienti hanno difficoltà a urinare (ritenzione urinaria).
- Nel Parkinson l’intestino è spesso pigro, causando lo sviluppo di costipazione. Tale costipazione può anche apparire come un primo segno precoce del morbo di Parkinson.
- Talvolta nei uomini compaiano problemi di impotenza (disfunzione erettile). Questa disfunzione può derivare sia dalla malattia stessa che dai farmaci del Parkinson.
Attenzione:
Tutti i sintomi di accompagnamento menzionati possono anche essere scatenati da altre malattie, non solo dal Parkinson.
Si raccomanda di utilizzare ciascuno di questi sintomi come “diagnosi precoce” e di consultare immediatamente un Medico Specialista.
LA DIAGNOSI
Una diagnosi precoce del Morbo di Parkinson è importante, anche se la malattia stessa non è curabile. Tuttavia, esistono soprattutto per le prime fasi della malattia farmaci che possono alleviare i sintomi.
La procedura diagnostica, per l’individuazione del Morbo di Parkinson e delle sue cause scatenanti, viene effettuata dal Neurologo. Durante la prima visita, il Neurologo, raccoglierà l’anamnesi del paziente, attraverso un’inchiesta completa sulla storia clinica del paziente, e di un esame obiettivo. Le possibili domande del medico includono:
- Da quanto tempo tremano le mani/gambe?
- Ha la sensazione che i suoi muscoli sono costantemente tesi?
- Trova difficile mantenere l’equilibrio mentre cammina?
- Trova sempre più difficile svolgere attività motorie (ad esempio abbottonarsi una camicia, scrivere)?
- Ha problemi a dormire?
- Ha notato che il suo olfatto è peggiorato?
- Ci sono stati casi di Parkinson in famiglia?
- Assume farmaci (ad esempio Antipsicotici, Antagonisti della dopamina come metaclopramide)?
Oltre all’inchiesta sull’anamnesi, seguono un esame fisico e un esame neurologico. Il Neurologo controlla generalmente la funzione del sistema nervoso: ad esempio, verifica i riflessi del paziente, la sensibilità della pelle e la mobilità dei muscoli e delle articolazioni. Presta particolare attenzione ai principali sintomi del Parkinson come:
- I movimenti rallentati (Bradicinesia): sono molto caratteristici. Il medico li riconosce osservando l’andatura, i gesti e le espressioni facciali.
- Rigidità muscolare: il medico la dimostra attraverso il cosiddetto “fenomeno della ruota dentata o troclea“. Durante la mobilizzazione passiva delle articolazioni (ad esempio avambraccio) percepisce una aumentata resistenza.
- Tremore a riposo: mani, braccia e gambe iniziano a tremare in situazioni di riposo. Un lato del corpo è solitamente più colpito dell’altro.
- L’instabilità posturale: le persone interessate hanno difficoltà a mantenersi in posizione eretta.
In caso di conferma del sospetto diagnostico il Neurologo potrebbe effettuare ulteriori accertamenti come:
Test della L-Dopa: Per supportare la diagnosi di Parkinson, a volte viene eseguito il cosiddetto test della L-Dopa. I pazienti ricevono un precursore della Dopamina L-Dopa (levodopa). Questo farmaco fa parte della terapia standard del Parkinson. In alcuni pazienti,poco dopo l’assunzione, i disturbi del movimento e la rigidità muscolare migliorano (circa mezz’ora dopo). Questo conferma probabilmente una sindrome idiopatica del Parkinson (attenzione: il tremore a riposo non sempre può essere alleviato con la levodopa). Tuttavia, il test della L-Dopa non è positivo per tutti i pazienti con Parkinson. Inoltre, possono verificarsi effetti collaterali come nausea, vomito o sonnolenza.
Procedure di Imaging: La tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica (RMN) possono essere utilizzati per visualizzare il cervello del paziente. Questo può aiutare a escludere altre possibili cause dei sospetti sintomi del Parkinson, come un tumore al cervello. L’imaging del cervello aiuta quindi a distinguere la sindrome di Parkinson idiopatica da Parkinson secondario o altre malattie neurodegenerative (ad esempio come il Parkinson atipico).
Se la diagnosi non è chiara, il Neurologo a volte effettua la tomografia ad emissione di positroni (PET). La PET può mostrare indirettamente una diminuzione delle cellule che rilasciano dopamina nel cervello.
Soprattutto in casi poco chiari, la diagnosi dovrebbe essere fatta sempre da uno specialista con molta esperienza. Tuttavia, spesso è ancora difficile fare una diagnosi di Parkinson oltre ogni dubbio. Uno dei motivi è la presenza di molte malattie diverse che scatenano sintomi simili alla malattia di Parkinson.
Diagnosticare tempestivamente il Morbo di Parkinson consente comunque di rallentare la sua progressione. Pertanto alla prima comparsa di uno dei sintomi sopraccitati è bene rivolgersi immediatamente al proprio medico. Durante la visita, potrebbe essere necessaria anche la presenza di un familiare o di un amico stretto per ottemperare alle lacune del paziente. A questo proposito è importante ricordare che, quando ci si reca dal proprio Medico Specialista, è fondamentale informarlo di tutti i fastidi, disturbi, dolori e sensazioni che si provano. Il quadro sintomatologico, infatti, è spesso lo strumento più importante che il Medico ha a disposizione per fare un’adeguata e accurata diagnosi differenziale. Qualsiasi informazione è quindi preziosa per il Medico.
PARKINSON: TERAPIA
Ad oggi non esiste ancora una terapia efficace per curare il Morbo di Parkinson. Tuttavia, sono in uso farmaci che consentono di controllare bene la malattia per anni. Purtroppo, nel tempo, gli effetti di alcuni farmaci “anti-Parkinson” possono diminuire. Pertanto, il farmaco deve essere regolato a determinati intervalli.
- Trattamento con farmaci: Levodopa (L-Dopa)
Il trattamento farmacologico mira a riportare in equilibrio le sostanze messaggere nel cervello. La Levodopa (L-Dopa) è un precursore della Dopamina e ha un effetto positivo sulla mobilità, contro la rigidità muscolare e il tremore a riposo. Tuttavia, dopo un lungo periodo di terapia, possono verificarsi effetti collaterali come movimenti imprevedibili e fluttuazioni motorie (discinesie). Le fluttuazioni motorie consistono in variazioni dello stato clinico nell’arco della giornata: momenti di buona mobilità si alternano a momenti di blocco motorio (fenomeno on-off). Per contrastare tale fenomeno, si cerca di raggiungere e mantenere nella terapia una stimolazione dopaminergica quanto più continua e costante. Oggi esiste l’opzione di una pompa dopaminica, che trasporta continuamente, attraverso una sonda, la sostanza messaggera dopaminergica nell’intestino tenue o sottopelle.
- Agonisti Dopaminergici
Un secondo gruppo di farmaci sono gli Agonisti Dopaminergici. Aumentano l’effetto della Dopamina esistente (ad esempio pramipexolo, lisuride, ropinirolo). I nuovi agonisti dopaminergici assicurano livelli di farmaco uniformi che talvolta devono essere assunti solo una volta al giorno (ad esempio come ropinirolo o pramipexolo a rilascio prolungato). Oppure rilasciano il loro principio attivo tramite un cerotto che deve essere cambiato quotidianamente ( ad esempio come il cerotto alla ritigotina). Come qualsiasi altro farmaco, anche gli agonisti dopaminergici possono provocare effetti indesiderati sotto come: Agitazione, allucinazioni, nausea e vomito, insonnia, sonnolenza, aumento o perdita del peso corporeo, vertigini e comportamenti compulsivi.
- Altri gruppi di farmaci
Ci sono altri gruppi di farmaci che riducono le fluttuazioni degli effetti della Dopamina (inibitori COMT come entacapone e tolcapone) o ne rallentano la degradazione (inibitori MAO-B come selegilina o rasagilina). Gli Anticolinergici possono ridurre efficacemente i tremori. L’Amantadina aumenta il rilascio di Dopamina e migliora la mobilità. Si è dimostrata in grado di migliorare i sintomi parkinsoniani. Inoltre, negli stadi più avanzati della malattia, è risultata efficace nell’attenuare le discinesie indotte da levodopa, senza comprometterne l’effetto terapeutico.
I diversi principi attivi dei farmaci possono essere combinati tra loro. L’impostazione del farmaco è impegnativa perché i sintomi e gli effetti collaterali possono essere molto diversi, cosi come la risposta al farmaco.
- Stimolazione cerebrale profonda (DBS – Deep Brain Stimulation)
La stimolazione cerebrale profonda (DBS) è una procedura chirurgica nell’area del cervello volta a ridurre i disturbi del movimento caratteristici del Parkinson. Questo trattamento dovrebbe essere utilizzato solo quando la terapia farmacologica non è più sufficiente e il paziente di conseguenza perde la sua qualità della vita.
Durante l’intervento, di stimolazione cerebrale profonda, piccoli elettrodi vengono inseriti permanentemente in determinate aree del cervello incaricate al controllo dei movimenti. Un dispositivo medico programmato, simile a un pacemaker cardiaco, che viene impiantato vicino alla clavicola o nella regione addominale, erogo continuamente corrente agli elettrodi. A seconda della frequenza, le aree alle estremità degli elettrodi vengono stimolate o inibite, bloccando cosi i segnali che provocano i sintomi motori disabilitanti. Ciò allevia immediatamente i principali sintomi motori del Morbo di Parkinson, ovvero movimenti più lenti, rigidità muscolare e tremori. Se necessario, la frequenza può essere regolata con un telecomando.
Se l’intervento non ha l’effetto desiderato, è possibile rimuovere nuovamente gli elettrodi oppure spegnere il dispositivo medico.
La stimolazione cerebrale profonda può essere considerata quando:
- le fluttuazioni motorie e discenesie non possono essere alleviati con i farmaci o
- i tremori non possono essere corretti con i farmaci.
Tuttavia, il paziente deve soddisfare anche altri requisiti. Ad esempio, non deve mostrare i primi sintomi della demenza. Le sue condizioni fisiche generali devono essere buone. Inoltre, i sintomi del Morbo di Parkinson (tranne il tremore) devono rispondere alla L-Dopa. L’esperienza ha dimostrato che l’intervento può alleviare efficacemente i sintomi in molti pazienti e migliorare significativamente la loro qualità della vita. L’effetto positivo sembra durare a lungo, ma ciò non significa che la stimolazione cerebrale profonda possa curare il Parkinson, la malattia continua a progredire anche dopo il trattamento.
ALTRI METODOLOGIE DI TERAPIA
Diversi metodologie di terapia possono aiutare i pazienti di Parkinson a mantenere, il più a lungo possibile, la mobilità, la capacità di parlare e l’indipendenza nella vita quotidiana. Le terapie principali sono:
Fisioterapia: la fisioterapia prevede diverse tecniche. Ad esempio, i pazienti possono effettuare esercizi appropriati per allenare l’equilibrio e la sicurezza mentre camminano. Anche gli esercizi di forza e di stretching sono utili. Anche la velocità e il ritmo dei movimenti possono essere allenati in modo specifico.
Logopedia: molti pazienti sviluppano disturbi del linguaggio nel corso della malattia di Parkinson. Ad esempio, parlano in modo sorprendentemente monotono e molto silenzioso o subiscono ripetuti blocchi quando parlano. Qui la logopedia può aiutare.
Terapia occupazionale: lo scopo della terapia occupazionale è rendere i pazienti di Parkinson, il più a lungo possibile, indipendente nel loro ambiente personale. Ad esempio, è possibile organizzare lo spazio abitativo in modo che il paziente possa orientarsi meglio. Il terapista occupazionale, insieme alle persone colpite, sviluppa anche strategie su come affrontare meglio la vita quotidiana e fornisce, inoltre, ai parenti consulenza su come supportare i pazienti.
Presso il Centro Specialistico San Martino è stata sottoscritta inoltre la convenzione con l’Associazione Parkinson Insubria Sezione di Cassano Magnago (VA). La Convenzione prevede l’attivazione presso il nostro Centro, di un Protocollo (Protocollo Terapeutico Personalizzato) appositamente creato (in congiunta tra San Martino e Associazione) a beneficio dei Malati di Parkinson.
Presso il Centro Specialistico San Martino, in collaborazione con una Equipe Multidisciplinare composta dal
Dott. Paolo BARBERO – Medico Chirurgo Specializzato in Neurologia
Dott. Pierfranco BASSO – Specializzato in cure farmacologiche per problemi psichiatrici, disturbi d’ansia. Specializzato in emicrania e neuropatie
Dott. Fabio PERETTI – Medico Chirurgo Specializzato in Neurologia
Dott. Fabrizio PISANO – Medico Chirurgo Spec. in Neurologia (Neurofisiologo, Neuroriabilitatore)
Dott.ssa Carmen DELCONTE – Tecnico di Neurofisiologia
Dott.ssa Arianna SAVO – Medico Chirurgo Spec. in Fisiatria
Dott.ssa Marica CANZIANI Psicologa – Specializzata in valutazione e riabilitazione per pazienti affetti da Morbo di Parkinson
Dott.ssa Martina MINOTTO Psicologa – Specializzata in valutazione Neuropscicologica del decadimento cognitivo
vengono svolte le visite e le indagini necessarie per studiare il piano terapeutico più corretto per le patologie riscontrate.
Contattaci se desideri ulteriori informazioni oppure prenotare una prima visita specialistica presso il Centro Specialistico San Martino.
LA SALUTE È UN BENE PREZIOSO A CUI NESSUNO DEVE RINUNCIARE
Le informazioni sopra riportate non sostituiscono il parere del Medico.